Nel primo semestre del 2012 sono state inserite nella Rete Nazionale di Farmacovigilanza ( RNF ) 11 segnalazioni di pancreatite insorte in seguito all’utilizzo di incretine, una nuova classe di ipoglicemizzanti che comprendono gli agonisti del recettore del GLP1 e gli inibitori del DPP4. Di queste, 5 ADR sono comparse durante l’uso degli agonisti del recettore del GLP1 ( Exenatide e Liraglutide ) mentre nei restanti 6 casi come farmaci sospetti sono stati indicati gli antagonisti del DPP-4 ( Sitagliptin, Vildagliptin e Saxagliptin ).
In tutta la RNF sono presenti in totale 8 pancreatiti da Liraglutide, 16 da Exenatide, 12 da Sitagliptin ( di cui 7 in associazione con Metformina ), 3 con Vildagliptin in associazione con Metformina, ed 1 con Saxagliptin.
I casi segnalati nel 1° semestre del 2012 con Liraglutide, riguardano 3 maschi ed 1 femmina di età compresa tra i 55 ed i 71 anni. In tutti la diagnosi di pancreatite è stata supportata dagli esami ematici alterati e mentre in 3 casi si è avuta l’ospedalizzazione del paziente, un solo caso è stato considerato non grave e trattato a domicilio. La durata della somministrazione del farmaco sospetto variava dai 9 mesi ai 2 anni ed in tutti i casi non vi erano patologie concomitanti, a parte il diabete mellito di tipo 2 che era l’indicazione per cui veniva utilizzata la Liraglutide. In un solo caso vi erano come farmaci concomitanti la Metformina e la Repaglinide di cui però non è stata indicata la durata d’uso. In tutte le schede si è avuta la risoluzione del quadro clinico con la sola sospensione del farmaco sospetto.
Relativamente alla Exenatide, un uomo di 62 anni è stato ospedalizzato in seguito alla comparsa di pancreatite dopo 3 anni di terapia. Anche in questo caso non vi erano problemi pancreatici o epatici precedenti, gli esami ematici di funzionalità pancreatica erano alterati e la reazione si è risolta con la sola sospensione del farmaco sospetto. A parte la Metformina e l’Acido Acetilsalicilico non vi erano altre terapie concomitanti.
Nel caso delle ADR di pancreatite relative agli inibitori del DPP-4, sono stati segnalati 4 casi tutti riguardanti maschi di età compresa tra i 44 ed i 72 anni, in terapia con Sitagliptin dai 2 mesi ai 2 anni. La diagnosi è stata confermata in tutti i casi dagli esami ematici pancreatici alterati e in 3 casi si è avuta l’ospedalizzazione del paziente. In due vi era una terapia concomitante in atto con Metformina ed in tutte le schede la reazione si è risolta con la sola sospensione del farmaco sospetto. L’unica scheda relativa al Saxagliptin, riguarda un maschio di 74 anni di età, ospedalizzato per l’insorgenza di una pancreatite acuta dopo un anno e 4 mesi di terapia effettuata per diabete mal controllato con la sola Metformina, indicata come farmaco concomitante. Anche in questo caso la reazione si è risolta con la sola sospensione della terapia sospetta.
Infine sempre nel periodo considerato, è stato segnalato il caso di una pancreatite insorta in una donna di 44 anni in terapia da due con l’associazione Vildagliptin / Metformina. La reazione, confermata dagli esami strumentali, ha dato luogo all’ospedalizzazione della paziente e si è risolta con la sospensione del farmaco. Tra le patologie concomitanti, è stata segnalata una dislipidemia.
La pancreatite acuta è una patologia infiammatoria del pancreas, la cui prevalenza è aumentata negli ultimi 40 anni, in particolar modo nei paesi occidentali; le cause più comuni sono i calcoli della cistifellea, l’abuso di alcol ( responsabili insieme dell’80-90% dei casi di pancreatite ), ma anche ipertrigliceridemia, obesità e diabete mellito, patologie che spesso coesistono.
Al terzo posto tra le cause di pancreatite acuta si annoverano i farmaci. Molti, 525 secondo una stima dell’Organizzazione Mondiale della Sanità ( OMS ), sono i principi attivi indicati come possibili responsabili di questa rara reazione avversa ed in alcuni studi la prevalenza di pancreatite iatrogena risulta dello 0.1-2%, in altri del 5.3% ed in studi più recenti addirittura del 8.3%.
In molti casi è però difficile stabilire con certezza la correlazione farmaco-evento in quanto vengono indicati come sospetti farmaci di largo utilizzo per patologie che già di per sé favoriscono l’insorgenza di pancreatite ( per esempio, le statine usate nella dislipidemia ).
Tra i farmaci indicati come possibili responsabili della pancreatite iatrogena, c’è una nuova classe di ipoglicemizzanti, le incretine, così chiamate per la loro capacità di incrementare la risposta insulinica delle beta-cellule pancreatiche ai livelli di glicemia post-prandiale; questi principi attivi agiscono potenziando l’azione del GLP-1, un ormone prodotto dal pancreas endocrino, che ha, tra le sue molteplici funzioni, quella di aumentare la sensibilità periferica all’insulina e migliorare quindi il controllo glicemico.
L’emivita di questo ormone è breve, di circa 2 minuti, in quanto viene inattivato dall’enzima DPP-4 ed inoltre la sua concentrazione nel soggetto diabetico risulta essere diminuita.
La classe farmacologica delle incretine agisce quindi aumentando la stimolazione e quindi la durata di attivazione del recettore del GLP-1 ed i suoi conseguenti effetti farmacologici, ma con due meccanismi di azione diversi: a) tramite un analogo del GLP-1, resistente all’inattivazione del DPP-4 ( Exenatide e Liraglutide ), b) tramite un antagonista del DPP-4 che bloccandone l’azione, garantisce un’emivita più lunga al GLP-1 nativo ( Sitagliptin, Vildagliptin e Saxagliptin ).
L’efficacia delle incretine nel soggetto diabetico di tipo 2 è nota e gli effetti avversi più comuni, emersi durante gli studi pre-marketing, sono di tipo prevalentemente gastroenterico, quali nausea, vomito o dolore addominale.
In letteratura, la prima segnalazione di pancreatite acuta da Exenatide risale ad un case report del 2006 mentre nel 2009 è stato pubblicato un focus dell’FDA ( Food and Drug Administration ) sul rischio di pancreatite con l’utilizzo di Sitagliptin. Per tutti i farmaci appartenenti alla classe delle incretine dalla commercializzazione ad oggi, vi sono state molteplici pubblicazioni, sia sotto forma di singoli case-report che di review, che hanno evidenziato la sospetta causalità con la pancreatite ma anche altrettanti che tendono ad escluderla.
C’è stata anche un’ampia discussione a livello europeo in merito a questa problematica, e sia il Pharmacovigilance Working Party e il Committee for Medicinal Products for Human Use hanno concluso che le informazioni presenti negli stampati sono per il momento adeguate. Tuttavia sono in corso ulteriori studi.
Ancora oggi quindi la correlazione tra le incretine e l’insorgenza di pancreatite è dibattuta, dal momento che in uno studio recentissimo, del 2012, si è calcolato che i soggetti diabetici hanno un rischio maggiore ( del 92% ) di sviluppare una pancreatite rispetto ai non-diabetici, indipendentemente dalla presenza di calcoli alla cistifellea, dislipidemia o abuso di alcol.
Nelle schede tecniche di tutti i principi attivi in esame, la pancreatite è comunque indicata come ADR non-comune, ed in un articolo del 2011, che rivaluta tutta la letteratura presente fino ad allora su quest’argomento, gli autori hanno concluso che nei diabetici in terapia con incretine, vi è un rischio 6 volte maggiore di pancreatite rispetto ai diabetici trattati con altri farmaci.
La pancretite nell’uomo si manifesta come raro evento avverso sia con gli agonisti del recettore del GLP-1 che con gli antagonisti del DPP-4, e quindi si ritiene che si tratti di un effetto di classe.
E’ noto che le incretine agiscono aumentando la stimolazione del recettore del GLP-1 e quindi l’azione dell’ormone nativo, che ricordiamo fisiologicamente è di un paio di minuti. I recettori del GLP-1 sono presenti in molti tessuti dell’organismo umano, ma sono espressi in quantità maggiore sulle cellule del pancreas esocrino soprattutto dei dotti pancreatici.
Studi condotti sugli animali hanno evidenziato che nel pancreas dei topi diabetici, una stimolazione prolungata con gli agonisti del GLP-1 comporta un’aumentata proliferazione delle cellule dei dotti pancreatici con relativo incremento del peso del pancreas stesso. Inoltre si assiste a una pseudo-stratificazione dell’epitelio e a una perdita della polarità delle cellule con conseguente alterazione della architettura tissutale. Analogamente sempre nei modelli animali, la terapia con inibitori DPP-4 comporta un aumento della replicazione delle cellule duttali, la comparsa di metaplasia da acinare a duttale e meno comunemente la pancreatite acuta; è da sottolineare che tali modificazioni istologiche sono state tutte osservate nel pancreas umano in corso di pancreatite acuta, La valutazione dell’azione proliferativa svolta dal GLP-1 sul pancreas esocrino umano non è tecnicamente fattibile; tuttavia è possibile evidenziarla sul pancreas umano in vitro. Si osserva infatti che l’attivazione prolungata del recettore, mediata dal GLP-1 agonista, porta a una proliferazione delle cellule dei dotti pancreatici mediata dall’attivazione di una specifica cascata enzimatica ( la via del MAPK ). Inoltre da questi stessi studi in vitro risulterebbe che al contrario la Metformina sarebbe in grado di inibire tale processo e quindi l’associazione di Metformina con le incretine ridurrebbe il rischio di pancreatite. E’ forse proprio questo il motivo per cui la pancreatite non è emersa come reazione avversa nei trial premarketing, durante i quali il nuovo farmaco era affiancato alla Metformina, mentre nella normale pratica clinica le incretine sono usate come terapia di seconda linea nel caso la Metformina da sola non sia risultata efficace.
Commento dell’AIFA
Nonostante i molti case report, studi caso controllo e le innumerevoli review relative all’argomento, non si è ancora raggiunta una parola definitiva sul ruolo causale delle incretine nella insorgenza di pancreatite. Anzi in molti casi, pur partendo dagli stessi dati, le conclusioni che vengono tratte sono diametralmente opposte.
Il motivo è probabilmente legato alla giovane età di questi farmaci e al fatto che per evidenziare reazioni avverse rare, come la pancreatite iatrogena, ci vogliono numeri elevati di esposti e diversi anni di esposizione.
Ovviamente in quanto si tratta di farmaci destinati alla terapia a lungo termine di una patologia cronica, che già di per sè favorisce lo sviluppo di pancreatite, è necessario un monitoraggio stretto ed attento della ADR in questione. ( Xagena2013 )
Fonte: I segnali di Farmacovigilanza - I semestre Anno 2012 - AIFA in collaborazione con i Centri Regionali di Farmacovigilanza, 2013
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